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Montagna: la teoria della Libertà Relativa


Di Ettore Personnettaz – Freeride Alliance

Partiamo dal principio che in generale sono contrario al concetto di divieto. Preferisco che si educhi, si formi e si responsabilizzi la persona al fine di permettere e non vietare, questo a prescindere, salvo particolari situazioni.
Un concetto di libertà allargato e collegato alla responsabilità individuale e collettiva che difficilmente può trovare oppositori, soprattutto se applicato al mondo della montagna ed ai suoi appassionati frequentatori. Un concetto di libertà che questo prolungato periodo pandemico ha messo a dura prova e che può essere facilmente travisato a causa di una superficialità sempre più diffusa e di un egoismo imperante che sfocia, in particolare, sui canali “social” attraverso un facile accanimento ed un immediato linciaggio mediatico, privo però delle dovute e necessarie informazioni.

E’ il caso recente, ad esempio, del cosiddetto “scandalo” pre-natalizio suscitato dall’ordinanza del Presidente della Regione Valle d’Aosta dove è stata consentita l’attività scialpinistica sul territorio solo se accompagnati da un professionista, Guida Alpina o Maestro di Sci. Un provvedimento che, seppure temporaneo, ha suscitato un fiume di reazioni e critiche dove l’argomentazione più forte, e se vogliamo, difficilmente non condivisibile, è stata: “la montagna è di tutti e deve rimanere territorio libero e fruibile, senza vincoli”.
Ora premetto che non sono qui a difendere la categoria della quale faccio parte da quasi vent’anni (dallo scorso anno ho l’onere-onore di rappresentare i colleghi maestri di snowboard valdostani) ma a cercare di spiegare brevemente come si è svolta la questione.

L’art. 2 della nostra Legge Regionale n. 44 del 31 dicembre 1999 così definisce il maestro di sci:
“E’ maestro di sci chi, per professione, accompagna e/o insegna, anche in modo non esclusivo e non continuativo, a persone singole o a gruppi di persone la pratica dello sci nelle varie discipline, esercitate con qualsiasi tipo di attrezzo, nell’ambito di comprensori sciistici attrezzati, piste di sci, itinerari sciistici, pendii e percorsi sciabili, anche di neve perenne ed anche se non serviti da impianti di risalita, percorsi di sci fuori pista ed escursioni con gli sci, con risalita dei pendii anche mediante l’uso di pelli di foca o racchette da neve; la suddetta attività non deve comunque comportare difficoltà richiedenti l’uso di tecniche ed attrezzature alpinistiche, quali corde, piccozze e ramponi.”
Riferendosi a questa legge il nostro Presidente ha semplicemente evidenziato alla Regione la possibilità anche per la categoria di svolgere questo tipo di attività così come già previsto nell’ordinanza per le Guide Alpine Valdostane: questo avrebbe consentito ai colleghi di potersi allenare svolgendo l’attività scialpinistica là dove consentito.
Mai è stata fatta richiesta in questo senso per ottenere un privilegio esclusivo.

Se restrizioni sono state inserite nell’ordinanza finale sulla tipologia di praticanti, queste sono state decise dagli organi competenti e preposti, in particolare dal Presidente della Regione, sulla base dell’analisi reale dei dati e della situazione sanitaria monitorata, tenuto conto dell’unico ospedale presente in valle.
Da qui gli animi si sono subito scaldati: non entro ora nel merito di altri dubbi e questioni inerenti l’ordinanza stessa, come ad esempio perché le ciaspole sì e lo scialpinismo no, ecc. ecc.
Voglio focalizzarmi ancora una volta sul concetto di libertà tanto rivendicato.
Sino a che punto siamo disposti a difenderlo quando questi può avere delle ripercussioni dirette o indirette sugli altri?
Forse la situazione di clausura forzata ma necessaria di marzo-maggio 2020 ci ha fatto dimenticare quanto il concetto di libertà, soprattutto nell’ambito alpino, è strettamente collegato a quello di rispetto di se stessi e degli altri?
Forse la montagna non è ancora riuscita ad insegnare a molti suoi appassionati quale sia il vero significato di sacrificio, di rinuncia nell’ottica di una migliore prospettiva per tutti?
Fino a che punto siamo disposti a difendere il concetto di libertà calpestando i principi di solidarietà di uno Stato civile soprattutto in un contesto attuale così difficile?

Queste sono solo alcune delle domande che ritengo sia utile porsi.
Perché non dimentichiamoci che quando decidiamo di avventurarci in montagna non sarà mai a nostro rischio e pericolo in quanto avremo sempre l’intervento (per fortuna) del Soccorso Alpino, persone preparate e pronte a rischiare quotidianamente la loro vita per aiutare gli altri. Perché non dimentichiamoci che quando decidiamo di opporci o, peggio ancora, non rispettare le regole stabilite per l’eventuale lockdown mettiamo in serio pericolo noi stessi e gli altri e ancora una volta il personale sanitario (medici, infermieri, Oss…) che è schierato in prima linea per tutelare tutti noi.
Proprio nel rispetto di questi “angeli” che operano, a qualsiasi condizione, si torna al concetto iniziale di libertà relativa.
La situazione pandemica, credo ci permetta di capire quanto sia importante ripristinare quella libertà che dovrebbe rispecchiare il motto costituzionale francese “Liberté-Egalité-Fraternité” ma soprattutto riconquistare un aspetto cardine che questo virus ha stravolto e che rischiamo di banalizzare: umanità.

Un saluto, un abbraccio, un sorriso, una stretta di mano. Siamo persone e pur con tutti i nostri difetti alla fine sapremo reagire liberandoci da questa situazione, ritrovando la strada giusta. Se cerchiamo un buon proposito per il 2021, forse lo abbiamo trovato.

Poudzo!

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.