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Iran: dal Mar Caspio al Monte Damavand (5671 m)


Salire una cima di 5671 metri è già di per se una gita di tutto rispetto, se poi si fa questa cosa in Iran, partendo dal mare e usando solo l’energia delle proprie gambe, prima in bici, poi di corsa e infine con gli sci per arrivare in cima, ecco che la si può considerare un’impresa. L’autore di questa “impresa” è stato nella scorsa primavera Benedikt Boehm, che oltre a lavorare per la Dynafit, ha un palmares di tutto rispetto, tra gare con la nazionale tedesca di scialpinismo e “ottomila” scesi con gli sci.

A documentare il tutto il film-maker Dario Tubalbo di Your Big Stories, che ci racconta così la cosa.
“Io e Matteo Zanga abbiamo cercato di lavorare con l’attrezzatura più leggera possibile, perché si poteva arrivare fino a 3000 metri in jeep, ma dovevamo fare riprese anche a 4200 (ultimo rifugio) e in vetta a quasi 5700, quindi non sarebbe stato facile muoversi con zaini pesanti.
L’ultimo giorno, mentre Benedikt stava facendo la sua impresa abbiamo incontrato per caso al Campo a 3000 metri un gruppo di scialpinisti italiani che volevano provale la vetta il giorno dopo, accompagnati da Marco Cunaccia, guida alpina di Alagna con cui avevo già lavorato: piccolo il mondo!”

Questo il racconto di Benedikt Boehm tratto dal sito www.dynafit.com

Dal Mar Caspio al Monte Damavand (5671 m)

Appoggiandomi ai bastoncini cerco affannosamente un po’ di aria. Ogni muscolo del mio mio corpo è dolorante, le gambe sono pesanti come piombo. Ancora dieci metri, ancora cinque… sono allo stremo, ce l’ho fatta! Nell’aria rada il mio corpo fa fatica a riprendersi dalle grandi fatiche, ma sono felice, felicissimo. Il dolore e la sofferenza della difficile salita lasciano il posto alla gioia e all’euforia. La sensazione di felicità che si prova in vetta non è facile da descrivere a parole, bisogna averla vissuta.
Mi trovo sulla cima del Damavand, il monte più alto dell‘Iran. Mi sono lasciato alle spalle 5970 metri di dislivello e 130 chilometri. Per 14 ore e 20 minuti ho maltrattato il mio corpo ed esasperato il mio spirito. Dal livello del mare, dal Mar Caspio, sono partito con la bicicletta, per passare alle scarpe da corsa e poi agli sci. È stata una dura lotta contro me stesso e sicuramente una delle esperienze più logoranti dal punto di vista mentale della mia carriera di atleta speed. Pieno di gratitudine e soddisfazione faccio vagare lo sguardo ancora una volta sul paesaggio lunare e giù fino all’azzurro del mare, godendomi il momento. Un ultimo respiro profondo prima di discendere.

OMBRELLONE E COSTUME DA BAGNO CONTRO BICI E SCI

In Baviera è tempo di ferie pasquali. Alle 11 mi incontro con il mio collega e amico Alex all’aeroporto di Monaco. Spicchiamo fra gli altri viaggiatori: pieni di bagagli e con bici e sci al seguito. Ci distinguiamo tra la folla di vacanzieri diretti al mare, e ciò non stupisce, perché le nostre destinazioni sono molto diverse: noi siamo diretti in Iran, per scalare il Damavand in stile speed. Abbiamo preventivato una settimana per scalare il monte partendo dal Mar Caspio, compresi acclimatamento e pause. Anche se il meteo fosse favorevole si tratterebbe di una tabella di marcia molto stringata. Ci servirà un po‘ di fortuna!
Meno di sei ore dopo ci presentiamo all’hotel di Teheran, per fare un’ultima dormita come si deve prima di partire la mattina dopo alla volta del Damavand. Il monte più alto dell‘Iran esercita un fascino tutto particolare anche da lontano, mettendo maestosamente in ombra le vette circostanti. Dal punto di vista tecnico questo vulcano quiescente non è una montagna difficile, e può essere scalato da ogni lato. Quello che ancora non sapevamo è che a circa 5.000 metri il Damavand è avvolto da un pungente odore di zolfo, che ci avrebbe messo a dura prova.

I MIGLIORI PRESUPPOSTI PER L’ACCLIMATAMENTO

Sfruttiamo i giorni successivi per esplorare il percorso e per l‘acclimatamento. Mi sono allenato molto questo inverno. In generale sopporto abbastanza bene l’alta quota, e riesco a svolgere la mia attività anche quando l’ossigeno nell’aria inizia a scarseggiare, ma il meteo attuale mi dà molto da pensare: la vetta del Damavand è per lo più completamente coperta dalla nebbia. Al momeno una salita in stile speed non sarebbe possibile, perché le condizioni in montagna sono instabili e cambiano quasi ogni ora. Non siamo in grado di valutare se il meteo migliorerà o se saremo costretti a tornare a casa senza aver portato a termine la nostra impresa.
Con sentimenti contrastanti diamo il massimo per andare dal campo 1 a Reineh, un paesino ai piedi del Damavand, al campo 2, a 3020 metri. La piccola squadra che filmerà la scalata è sempre con noi, e ci accompagnerà per tutto il viaggio. Il meteo continua a preoccuparci.
La maggior parte del periodo di acclimatazione lo trascorriamo in un piccolo rifugio a 4200 metri. Da lì parto per raggiungere i 5100 metri, per farmi un’idea di quale percorso scegliere. In generale si trova poca neve, riesco a mettere gli sci solo oltre i 3800 metri, il che rende l’impresa più difficoltosa. Nella nebbia fitta vado avanti a fatica, di conseguenza il morale è a terra e continuo a dubitare della buona riuscita del progetto. Anche il piccolo rifugio ci mette del suo, di notte il freddo è glaciale e l’umidità attraversa i vestiti e sacchi a pelo aumentando il disagio. La stufetta a benzina diffonde poco calore, in compenso emana l’odore sgradevole del tubo di scappamento di un vecchio furgoncino.
I giorni passano senza che il meteo migliori, e il nostro tempo sta lentamente per scadere. Tornando indietro verso il Mar Caspio ci concediamo un po‘ di riposo e ci immergiamo nella cultura iraniana. Faiteh, il nostro autista, ci mostra gli angoli più suggestivi della cittadina di Mahamouabad. Ci rifocilliamo con un profumatissimo Kebap, con pane fatto in casa e insalata fresca. L’aria è piena della fragranza di spezie e profumi esotici, e ci lasciamo trascinare dalla folla frenetica delle strade. Ci chiedono in continuazione di fare foto: Instagram è molto famoso anche in Iran e gli europei biondi sono un ornamento molto richiesto.
Un’altra occhiata al meteo ci fa drizzare le orecchie: il giorno dopo, domenica, il tempo sarà variabile con tendenza al miglioramento. Per il lunedì il radar mostra una zona stabile di alta pressione senza precipitazioni. È la nostra chance, puntiamo tutto su questa carta. Il nostro aereo per Monaco partirà martedì.

DA ZERO A 5671 METRI

Sono teso. Dopo poche ore di sonno Alex e io partiamo, alle 1:03 in punto, il 10 aprile. Sono motivato e mi sento in ottima forma per affrontare la sfida che ho davanti. Saliamo sulla bici dalla spiaggia, le condizioni sono ideali: cielo terso, 11 gradi, un venticello leggero. Alex avrà il ruolo di guida per i prossimi 120 chilometri. La bicicletta è la disciplina in cui è specializzato, e mi accompagnerà per questa parte del percorso come un cavallo da tiro. Per parecchi chilometri costeggeremo l’autostrada, per essere più veloci possibile. Con nostro grande stupore già a quest’ora troviamo molte persone in giro, e i numerosi camion non ci rendono facile respirare. Affrontiamo senza problemi i primi 50 chilometri, poi la pendenza inizia ad aumentare. Accuso sempre più il peso inusuale della bici, mentre Alex mantiene una velocità elevata, costante e spietato. Così dopo cinque ore e mezzo arriviamo sulla mountain bike al campo 1.
Dopo un breve spuntino ci prepariamo a percorrere gli ultimi 10 km del percorso in bici, che ci porta su una strada sterrata e dissestata. Ci attendono ancora 1.000 duri metri di altitudine, ma la vista del Damavand senza neanche una nuvola mi dà nuova energia. Due ore dopo raggiungiamo il campo 2 a 3020 metri di altitudine. Mangio velocemente due barrette energetiche e un paio di biscotti al cioccolato e indosso le scarpe da corsa, pronto per la salita finale, che affronterò da solo. Le gambe pesanti reagiscono bene al cambio di movimento, e trovo preso un buon ritmo. Così mi faccio strada fra il pietrisco e la prima neve, fino alla tappa successiva, a 4200 metri.

SONO DISTRUTTO

Già adesso non vedo l’ora di passare agli scarponi da sci. La salita veloce con gli sci è la mia disciplina, e nonostante il dislivello aumenti dovrebbe essere la parte dell’impresa che potrebbe riuscirmi più facile. Passo dopo passo continuo a salire, e riesco a ingannare il mio corpo con un trucchetto psicologico: mi convinco di essere appena partito, e di non aver fatto già 120 chilometri sulla mountain bike.
Da 4500 metri di altitudine inizio a fare veramente fatica. L’aria è molto rada, e ho la sensazione di non andare avanti. Il monotono paesaggio lunare del Damavand consuma tutte le mie energie, ma non posso mollare. Al contrario, mi sprono mentalmente passo dopo passo fino a che vedo la cima al Damavand, che mi dà un’incredibile sferzata di motivazione. So che ci vorrà ancora un’ora ad arrivare in vetta, ma la consapevolezza che la cima è lì a portata di mano mi dà nuova energia.
Ancora dieci metri, ancora cinque… sono distrutto, ce l’ho fatta! Appoggiato ai bastoncini cerco affannosamente l’aria, e do un’occhiata all’orologio, che vedo leggermente appannato: le 15:23. Ce l’ho fatta in esattamente 14 ore e 20 minuti. Che sensazione indescrivibile!

I numeri del progetto “Sea to Summit – dal Mar Caspio al Damavand”:
• Mountainbike: 120 km | 3.300 metri di dislivello
• Corsa: 4,7 km | 1.160 metri di dislivello
• Hike/Ski: 3,3 km | 1.470 metri di dislivello
• TOTALE: 130 km | 5.970 metri di dislivello | 14.20 ore

Guarda il video Sea to Summit – dal Mar Caspio al Damavand

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.