Dhaulagiri: il racconto di Carlalberto Cala Cimenti
Il racconto di Carlalberto “Cala” Cimenti, tratto dal suo blog su facebook Cala Cimenti Cmenexperience, della sua salita al Dhaulagiri, montagna himalayana di 8167 metri, il suo terzo ottomila
SABATO 07 OTTOBRE
La sveglia è puntata alle 22:30: quel pomeriggio avevamo programmato di fare acqua fino alle 16:00, poi dormire fino alle 22:00, però abbiamo ritardato molto le operazioni e siamo riusciti a finire col fornelletto solo alle 17:00, così abbiamo spostato la sveglia di mezz’ora. Quando suona io e Matth siamo già svegli perchè forti raffiche di vento scuotono la tenda già da più di due ore. Decidiamo di aspettare, ma a mezzanotte la situazione non cambia, anzi, le raffiche sono più forti, io sono in contatto con patata tramite gli sms del mio Garmin Inreach già dalle 22:00 e lei mi sprona ad uscire e provarci lo stesso. – mio ammor dipende da te con quante dita mi vuoi vedere tornare? – Matt invece non è di questo avviso e continua a stare, inquieto, nel sacco a pelo. Anche per me è difficile uscire dal caldo riparo del sacco a pelo e pensare di dover affrontare soprattutto tutta la fase di vestizione con scarponi, imbrago ecc., in una tenda piena di condensa ghiacciata, prima di uscire nella notte fredda dei 7200 mt. , ma verso mezzanotte, spronato da patata, mi ci costringo. Inizio a muovermi e matt mi chiede se ho intenzione di uscire, gli rispondo con un grugnito e lui brontola qualcosa e si gira dall’altra parte. Non sta tanto bene neanche di stomaco, più tardi, fuori, vomiterà.
Verso le 00:30 esco dalla tenda, dall’interno le raffiche sembravano più violente, calzo i ramponi, attacco la jumar alla coreana e inizio a salire il pendio subito molto ripido. Su quella prima rampa di 200 metri il vento è praticamente inesistente, dopo quindici minuti ho tantissimo caldo, mi fermo sul pendio ripido e mi tolgo uno strato, ricomincio a salire ma ho ancora troppo caldo, così mi fermo di nuovo e mi tolgo altri vestiti fino a quando non rimango solo con la maglietta verde a maniche corte in lana merinos di Bandavej e penso: cavolo sto salendo in maniche corte (sotto il tutone ovviamente) a 8000 metri…. Ora mi concentro sulla mia progressione e mi accorgo di andare meglio della volta prima, penso che magari è solo un’impressione perchè non ho il riferimento di Boyan davanti, ma no, perchè riesco a fare dai dieci ai venti passi continui sul very steepdi quella prima rampa, mentre l’altra volta arrivavo a cinque-dieci, e poi, fosse anche solo un’impressione funziona! Cavolo se funziona! Procedo, arrivo a quota 7400 metri circa, dove si esce sulla cresta, e qui il vento c’è, forte ma ancora sopportabile, affrontabile. Procedo, la luna illumina tutto quasi a giorno, E’ una figata penso, sto camminando tutto da solo nello spazio e tutto sta andando bene, spengo la luce frontale. Procedo verso l’alto, il vento e le ore più fredde della notte mi costringono a rimettere uno strato: una maglietta, sempre di lana ma a maniche lunghe e col cappuccio, che non uso, di Bandavej, ora muovo continuamente le dita dei piedi che sento fredde ma comunque ancora sotto il limite di congelamento. Salgo, 7600 m, traverso roccioso, tutto bene, è ancora notte fonda, saranno le 03:00, poi inizia l’infinito traverso nevoso a placche in salita verso il couloir sommitale, sfrutto delle vecchie corde fisse per un po’, mi aiutano molto per un pezzo, praticamente percorro tutto l’anfiteatro che c’è prima di entrare sul vasto plateau che, sempre in traverso, porta al canale finale.
Le corde finiscono a circa 7800 mt., ora inizia la grande fatica, riesco già a vedere il canale, quello con le cornici sopra, in un punto sembrano crollate e sembra possibile un passaggio, per un attimo l’idea mi solletica, ma poi mi viene in mente Ang Phurba che mi dice che ha tirato giù una corda di 150 mt sul canale tutto a destra e così mi convinco a continuare. Albeggia, fa di nuovo più caldo e mi rimetto in maniche corte, arrivano raffiche di vento ma super sopportabili. Tolgo la frontale dalla testa e metto gli occhiali da sole e la crema solare. Ora la stanchezza inizia farsi sentire, ma soprattutto il vento, che nei giorni scorsi ha soffiato forte, ha cancellato tutte le vecchie tracce e ha creato delle fastidiose placche a vento che a volte tengono il mio peso e molte più volte no, facendo sprofondare le mie gambe e prendendomi un sacco di energie. Continuo! Il couloir sembra sempre così lontano, sembra non avvicinarsi mai, mi costringo a non pensare neanche per un secondo a dover tornare indietro, ma mi sento così lento… controllo l’altimetro ogni mezz’ora circa e prendo riferimenti ogni ora: è vero sono lento per i miei standard, però prima facevo quasi i 200 mt all’ora e ora i 100 mt all’ora su un terreno non diretto, molto faticoso, completamente da tracciare su placche, sastrugi e neve fresca fino al ginocchio. Sono ancora ampliamente in tabella di marcia, continuo!
Supero gli 8000 mt, la quota dell’altra volta (non mi trovo però fisicamente nel punto dell’altra volta perchè oggi faccio una linea più diretta verso il mio canale), ogni tanto mi arrivano dei messaggi ma faccio fatica a leggerli anche per l’estrema luminosità dell’ambiente, è patata che mi incita: Superati gli 8000 metri, ora non si torna più indietro, dai Cala sei un gigante. E’ bello sentire, attraverso queste piccole cose, tutta la forza della persona che ami e che cerca di trasmetterti, e te la trasmette, e tu continui anche grazie a lei. Faccio un piccolo check up mentale e mi rendo conto di stare meglio dell’altra volta anche se la via è veramente faticosa e il canale non arriva mai. Continuo, un’ora o due e sono finalmente alla base di questo tanto agognato canale secondario, uuuh che fatica, vedo la corda fissa e mi ci avvento (ai 2 all’ora…), quando la raggiungo non mi sembra vero, aggancio la jumar e inizio a salire. E’ comunque sempre molto faticoso. Lentamente, faticosamente, guadagno la cima del canale, esco in cresta e vengo assalito da un forte vento, questo sì, guardo a destra e vedo la cresta degradare verso il basso, poi giro la testa a sinistra e finalmente la vedo, la cima!
Una vecchia traccia appena percettibile percorre una cresta, passa appena sotto una prima cima più bassa, ridiscende leggermente e poi risale sulla cima vera e propria. In cima sbatte al vento una specie di cilindro fatto di un panno arancione (scoprirò dopo che lo ha posizionato Dandy, uno dei due sherpa della spedizione di Yuri, gli ultimi ad arrivare in cima prima di me). Mi guardo intorno e il cielo è bellissimo e ci sono pochissime nuvole, si vede proprio tutto intorno, ma non c’è tempo da perdere: cavolo da dove mi trovo alla cima non è proprio corta, penso, ci vorrà almeno mezz’ora. M’incammino solingo. Cresta, anticima, discesina, salitina e CIMAAAAAAAA!!! CUMBREEEEE!!! ore 14:15, siiiii, tanta felicità urlata al vento e al nulla fatto di tutto me stesso. Un microscopico puntino giallo sul punto più alto di un gigante hymalayano che sprigiona tutta la sua gioia al vento. Arrivando passo subito oltre la cima di qualche metro e posiziono la mia action cam Garmin Virb fissata su un bastoncino nella neve e la accendo, poi torno sulla cima e inizio a festeggiare. Scrivo un messaggio a patata, poi provo a telefonare ma senza successo e poi faccio altre cose. In tutto starò 25 minuti in cima, poi comincio a scendere. A metà della cresta sommitale, prima di arrivare al canale per scendere, vedo davanti a me qualcosa che si muove, guardo meglio e non ci posso credere! E’ un tutone blu Correos che viene verso di me, è Matthias che arriva in cima anche lui. La mia felicità è tanta e sincera, è grande almeno quanto la mia sorpresa: ero veramente convinto che fosse rimasto al C3. Ci abbracciamo e ridiamo e un po’ piangiamo anche lui sembra contento di essere arrivato con me. Ma ora è tempo che vada a prendersi la sua cima, ci salutiamo e camminiamo nelle direzioni opposte, barcollando come se fossimo sulla luna. Per lui cima verso le 15:00. Durante la discesa io procedo lentamente: non ci sono perturbazioni in arrivo, il tempo è bello e mi voglio gustare tutte quelle sensazioni di aria sottile. Faccio anche i conti con la stanchezza. Durante la discesa Matt mi supera e arriverà un’ora prima, verso le 19:00, alla tenda al C3. Poco male, potrò approfittare di un thermos di the appena preparato e pronto proprio per quando entro in tenda.
La prima tazza la vomitiamo entrambi, poi piano piano riusciamo a bere. Poi subito a nanna senza cena, non abbiamo voglia di mangiare niente, io però mi costringo a mangiare mezza barretta perchè mi voglio prendere un Aulin preventivo e un’aspirina, che prende anche Matt. Prima di dormire prendo anche una caramella per la gola, poi mi addormento quasi subito, ma ho la bocca così impastata che dopo tre ore mi sveglio e la caramella è ancora lì incollata tra il palato e la lingua.
Dormiamo stanchi, male ma felici! HAPPY
Di Cala Cimenti