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Luca Pandolfi in snowboard ripercorre la Sentinella Rossa sul Monte Bianco, una via di Toni Valeruz del 1978


La primavera 2013 è stata una manna per gli amanti dello sci-snowboard ripido. Tra le discese estreme rispolverate da uno strato di oblio lungo più di trent’anni, ce n’è qualcuna che brilla più delle altre. È la «Sentinella Rossa», una linea che dalla cima del Monte Bianco (4810 metri) scende sul versante italiano del ghiacciaio della Brenva. Percorsa con gli sci per la prima volta nel 1978 da Toni Valeruz e scalata l’anno successivo da una cordata giapponese, da allora era rimasta nell’ombra, esposta a enormi seracchi instabili e obiettivo dei massi che si staccano dalle pareti che la circondano.  

Ma quest’anno anche la «Sentinella Rossa», che prende il nome dal monolite rosso che si trova a metà della discesa, ha trovato nuova vita. Un italiano – l’astigiano Luca Pandolfi che vive a Chamonix, in snowboard (1° uomo a scendere con lo snowboard) – e due inglesi (Tom Grant e Ben Briggs con gli sci) hanno ripercorso la traccia di Valeruz 35 anni dopo. Pandolfi è partito dai 3842 della stazione di arrivo dell’Aiguille du Midi a mezzanotte del 4 luglio. Grant e Briggs poco dopo. L’idea era quella di entrare nel canalone di 1400 metri di dislivello (difficoltà E.4 su una scala fino a E.5) verso le 7,30 per evitare il caldo e le scariche di sassi. Passati il Mont Blanc di Tacul e il Mont Maudit, i due inglesi hanno raggiunto la cima del Bianco intorno alle 6 del mattino. Pandolfi una mezzora dopo. «Ben è entrato nel canale soltanto alle 8,30 – racconta Pandolfi –. Prima la neve era troppo dura. Io e Tom abbiamo deciso di aspettare ancora. Tom è partito dopo 20 minuti e per fare un traverso di 20 metri con l’aiuto di una picca da ghiaccio gli ci sono voluti altri 20 minuti. Dopo aver aspettato un po’, ho deciso di tornare indietro».  

Nel ripercorrere i propri passi, qualcosa è scattato nella mente di Pandolfi. Con la diminuzione del vento e l’aumento delle temperature, e anche se i compagni erano ormai lontani, Pandolfi ha deciso di entrare nella Sentinella. Dopo un traverso molto esposto e con passaggi tecnici tra le rocce, si è trovato di fronte al grande seraccata. «Dopo qualche curva è arrivato il punto cruciale (con punte di 55 gradi) – prosegue –. Fortunatamente era in buone condizioni. Da lì la neve è migliorata e nel punto più largo del canale sono riuscito a fare 6 curvoni in polvere compressa». Pandolfi è arrivato alla fine della discesa verso le 10, una mezz’ora dopo essere partito dalla vetta. Qui le cose hanno iniziato a complicarsi. La via di uscita dalle terminali percorsa dai compagni non era più sicura, il caldo rendeva i ponti di neve instabili e aveva già iniziato a produrre cadute detritiche. A quel punto, Pandolfi ha rimesso i ramponi ed è risalito di 100 metri per poter superare una piccola cresta e dirigersi verso il Col Moore (3525), dove i due amici inglesi – dopo averlo visto in discesa – lo stavano aspettando (la Sentinella non finisce in fondovalle, ma per rientrare dall’itinerario dopo le terminali bisogna risalire). «A un certo punto – continua – mi sono riparato sotto alcuni massi per proteggermi da alcune scariche. Ero in trappola e se volevo uscire vivo dovevo aspettare il pomeriggio tardi».  

Ma dal Col Moore, Briggs è riuscito a guidare Pandolfi fuori dal pericolo e alle 14 i due si sono ritrovati. Grant, che aveva un aereo in partenza, è rientrato da solo. Pandolfi e Briggs, vista l’ora, hanno deciso di bivaccare alla Fourche (3737) e di rientrare il giorno dopo. I due compagni di avventura sono rientrati a Chamonix solo nel primo pomeriggio del 6 luglio, più di 36 ore dopo la partenza dalla stazione. «Scendere dalla Sentinella – aggiunge Pandolfi, che ha raccontato la sua impresa su www.lucapandolfi.com – non è un semplice avventura con gli sci; è un vero e proprio viaggio in un’altra dimensione».

Fonte lastampa.it

Giancarlo Costa

Snowboarder, corridore di montagna, autore per i siti outdoorpassion.it runningpassion.it snowpassion.it e bici.news. In passato collaboratore della rivista SNOWBOARDER MAGAZINE dal 1996 al 1999, collaboratore della rivista ON BOARD nel 2000. Responsabile tecnico della rivista BACKCOUNTRY nel 2001. Responsabile tecnico della rivista MONTAGNARD e MONTAGNARD FREE PRESS dal 2002 al 2006. Collaboratore della rivista MADE FOR SPORT nel 2006.