Nuovo schema di Decreto Legislativo per gli Sport Invernali: sfruttiamo l’occasione
Pubblichiamo un post di Facebook dell’Avvocato Flavio Saltarelli, per sua gentile concessione. Conosciuto come “l’Avvocato dello Scialpinismo”, esprime da appassionato scialpinista il suo parere sulla situazione attuale in cui versa la montagna italiana. La notizia di oggi è che il Ministro della Salute Speranza ha rinviato al 18 gennaio l’apertura degli impianti sciistici, facile prevedere che un ulteriore rinvio segnerebbe la cancellazione definitiva della stagione sciistica turistica 2020/2021. Ma questo non vuol dire la fine della stagione turistica e sportiva in montagna, un’altra “neve” è possibile.
Di Avv. Flavio Saltarelli
In questi giorni ho avuto la possibilità, quale “atleta di interesse nazionale”, osservando le rigide prescrizioni federali vigenti (che prevedono convocazioni specifiche, comunicazioni tempestive, ecc.) di allenarmi nei comprensori chiusi ed abbondantemente imbiancati. Un paradiso spesso sognato dagli skialper, un paradiso ottenuto però all’insostenibile prezzo dell’inferno Covid. Così non fosse, penserei ad una sorta di contrappasso dantesco: noi scialpinisti relegati e maltrattati dagli impiantisti quando risaliamo a bordo pista, impossibilitati financo a parcheggiare le auto vicine a quelle dei pistaioli, oggi sovrani incontrastati del bianco più bianco. Signori dell’orizzonte, senza il puzzo di patatine fritte, il bordello della musica, il trillare continuo dei cellulari. Noi human powered, padroni del nostro destino di battitori di tracce, nei limiti delle normative nazionali, sciamo, svolgendo attività sportiva individuale e distanziata. Gli skipassati con le loro go-pro fermi ai box, chissà fino a quando. Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: oltre alla tragedia Covid, le stazioni invernali nel loro massimo splendore appaiono in “day after” da catastrofe atomica. L’economia montana sta crollando, morta e sepolta sì dalle decisioni emergenziali del Governo, ma pure dalle proprie ottuse scelte di aver puntato solo su un turismo skipass-bombardino dipendente. E ironia della sorte, vicino alle strade della Pianura innevata, miriadi di ciaspolatori, scialpinisti improvvisati alla Fantozzi e Filini (che comprato quest’anno sci e pelli, rimandano al prossimo anno l’acquisto di artva pala e sonda!) e trekker che anelano di provare nuove esperienze outdoor; futuri turisti che quando potranno tornare in montagna troveranno un ambiente ostile causa le scelte improvvide delle nostre comunità alpine: mentre in Austria da anni si battono piste nella neve per trekker e ciaspolatori e si favoriscono slittovie, mentre in Francia si moltiplicano percorsi da skialp permanenti e per le fat bike, da noi si pensa solo a progettare nuovi impianti e caroselli, a creare future cattedrali nel deserto con seggiovie multiposto che volano da una valle all’altra. Quelle seggiovie-autobus che ora, con la necessità del distanziamento sociale, appaiono pure uno sberleffo della nefasta sorte.
Non è mai tardi per cercare un equilibrio, per invertire la rotta: entro gennaio dovrebbe essere discusso un provvedimento normativo che apre chiaramente ed incontestabilmente alla possibilità di realizzare percorsi di skialp permanenti (come già alcune località illuminate – ad esempio Cervinia, Champoluc, Gressoney, Colere, Spiazzi di Gromo – hanno fatto senza aspettare l’input del Legislatore). Speriamo vada in porto, e poi che qualche non ottusa comunità alpina se ne renda conto e sfrutti questa occasione. L’emergenza sanitaria dovrebbe insegnare che il modello di turismo su cui hanno puntato è comunque agonizzante, mostra la corda. E rischia in ogni caso, Covid o non Covid, di finire presto a KO. E’ solo questione di tempo.