Prima traversata integrale snowboard-alpinistica delle Alpi Marittime: dal Colle della Maddalena al Colle di Tenda
Di Diego Bramardi
Quattro anni, quattro inverni con la solita idea in testa, la traversata delle Alpi Marittime con lo snowboard. Già perchè con gli sci era stata fatta, la prima volta dal grande Matteo Campia nel 1954, ma mai effettuata con uno snowboard. Ogni anno un problema diverso, il tempo, la logistica, le condizioni nevose, ma finalmente nonostante qualche intoppo la decisione è presa, si parte.
Il meteo un po’ pazzerello stava per farci spiantare la partenza, ma la sera del 19 marzo il socio Lorenzo Fiandino, giovane guida alpina della Valle Stura, dopo un ultimo sguardo alle previsioni metereologiche confermava……….5,30 da me a Demonte e si va.
Giorno 1
Il 20 alle 6,40 partiamo dal Colle della Maddalena, il verso della traversata è Nord-Sud per usufruire di salite fresche e discese su nevi trasformate. Gli zaini non sono pesantissimi, ma sette giorni sono lunghi, la solita attrezzatura da gita, un paio di ramponi, il sacchetto viveri un po’ più carico e abbigliamento intimo di ricambio. (Per la traversata la splitboard che ho adoperato è una Jones Solution Carbon 165W, affidabile su ogni terreno.)
Un saluto ad Alessandra, la fidanzata di Lorenzo e sci e splitboard iniziano a scivolare sulla neve. La prima giornata ci fa toccare la cima del Ventasuso, poi l’Enclausetta, una breve discesa verso il vallone del Puriac e subito verso il colle omonimo. La seconda parte della giornata ci fa scivolare fino a Ferrere dove incontriamo Adriano Ferrero con quattro scialpinisti austriaci, (il loro gruppo affiancherà spesso il nostro e i rifugi per la notte ed il ristoro saranno gli stessi). Dopo Ferrere siamo saliti al Colle di Stau a fianco del monte Peiron, passando per il vallone Forneris e da li scesi prima al rifugio Talarico e poi per strada fino a Pietraporzio (l’ultima parte di strada è una bellissima pista da fondo che va dai pressi di Pontebernardo alla fine della nostra tappa) . Nonostante la stagione qualche curva in farina siamo ancora riusciti a farla. La prima notte l’abbiamo passata a casa Fiandino in quanto poco distante.
Giorno 2
Il secondo giorno, dopo un’ abbondante colazione, ci siamo diretti verso la Testa della Costabella del Piz, passando per il Pian della Regina. Salita molto lunga, ma in ambiente spettacolare, discesa nel vallone Gias Verde, un ampio canale con buone pendenze e neve trasformata. L’arrivo sotto il rifugio Migliorero non è stato dei migliori, una brutta visibilità e la stanchezza ci hanno creato qualche problema, su tutto il tratto verso il passo di Laroussa la nausea ha rallentato la mia salita. Un ultima discesa fino a San Bernolfo e finalmente il meritato riposo al rifugio Dahu de Sabarnui (riposo e rifocillamento con ottima birra dopo ben 4000mt. di salita in due giorni). Per chi dovesse passare in Valle Stura un salto al rifugio di Beppe si deve assolutamente fare.
Giorno 3
Il terzo giorno ci fa svalicare per la prima volta in territorio transalpino. Percorriamo prima il vallone della Sauma fino al passo della Sommetta, poi la cima Tesina, una magnifica discesa vicino al Santuario di Sant’Anna (il più alto d’Europa) seguita da un’ interminabile ascesa al Colle della Lombarda. Da qui in poche curve su pista si arriva a Isola 2000, la nostra destinazione.
Giorno 4
Il quarto giorno, il più corto a livello chilometrico e di quota si sveglia sotto una nevicata, la destinazione è rifugio del Valasco, ma il passaggio ai laghi di Terra Rossa e lo svalico alla Bassa del Drous sono resi difficoltosi dalla tormenta, dalla bassa visibilità che ci manda fuori rotta e da un tratto con neve parecchio dura che ci ha costretto a indossare i ramponi. Discesa in ambiente patagonico nel vallone di valscura fiancheggiando i suoi omonimi laghi e infine sulla piana del Valasco dove con una corta pellata si arriva al rifugio ex Reale Casa di Caccia. (Cis il rifugista ha aperto appositamente per noi….mitico). Che dire, questi splendidi rifugi piemontesi ci hanno ospitato in maniera spettacolare, stanze sempre calde ed accoglienti e cene degne dei migliori banchetti reali.
Giorno 5
Il quinto giorno è partito con passo molto blando, la giornata è probabilmente la più pesante della traversata, con Lurens a fine giornata abbiamo calcolato circa 2100 metri di quota in positivo. Dalla piana del Valasco ci siamo diretti verso l’omonimo colle, passo obbligato che ci apre le porte ai laghi di Frema Morta che costeggiamo dal primo all’ultimo (da qui la vista sulla Catena delle Guide, il Corno Stella, l’Argentera , il Baus, il Brocan, la Nasta, le montagne che hanno reso grande l’alpinismo delle nostre valli, senza parole). Prima discesa in morbida neve fino al rifugio Regina Elena, dove dopo una buona pausa si sale il canale e il lungo valloncello che con pazienza ci porta al colle Ghiliè e alla cima che con Lurens ci siamo sentiti l’obbligo di salire. La stanchezza è tanta, ma la discesa ci rinvigorisce ad ogni curva conducendoci nuovamente in terra francese, tra serpentosi canali fino all’ultimo faticoso traverso che termina al rifugio Cougourde sotto l’omonima cima. (Un angolo di Canada nelle Marittime francesi, un magnifico rifugio che ricorda uno chalet, un angolo selvaggio dove è facile fare amicizia con una volpe).
Giorno 6
Il sesto giorno ormai lo zaino è parte integrante della schiena, non indossarlo dà quasi fastidio, tappa non lunghissima, ma i giorni precedenti si fanno sentire. Si parte subito con un bel traverso in piano per la felicità del sottoscritto, per poi andare a guadagnare il pas des Ladres, discesa veloce e divertente con piccola pausa nel vallone che sale dal rifugio Madone de Fenestre, lungo la salita al pas du mont Colomb incontriamo due scialpinisti, hanno zaini stracarichi e il loro equilibrio è al quanto precario, (una curva una caduta, un’altra curva e ancora un’altra caduta, a nord c’è crosta che sfonda, un terreno insidioso soprattutto quando si è stanchi). Arriviamo al passo e la nebbia ormai ci circonda, si spella velocemente, si assembla la Split e giù nel canale (circa 40 gradi) che pare non avere un’uscita. La mia Solution si trova su un manto creato appositamente per lei, 5 centimetri cotti a puntino su un fondo duro, curve strette con qualche saltello iniziale e poi giù di conduzione fin sotto la chiusa della diga. Ultima corta pellata e arriviamo al rifugio Nizza (il rifugio si trova su una piccola altura accanto al lago de la Fous, internamente bellissimo, sembra appena ristrutturato, il rifugista è un personaggio molto particolare, simpaticissimo ed anche un ottimo cuoco.)
Giorno 7
L’ultima notte passa lentamente, forse la migliore dormita in sei giorni. L’alba ci presenta un cielo sereno e una fresca brezza, sembra una tappa facile, l’ultima, ma la montagna non rende niente facile. La lunga e sinuosa salita nel vallone de la Fous ci fa sfilare al cospetto del Clapier in ambiente suggestivo, in lontananza si vede il Gelas con il canale dei francesi sceso l’anno scorso e la Maledia, a sud nonostante un po’ di foschia è netta la linea del mare. Scendiamo dal passo de la Fous zigzagando tra numerosi laghi e piccoli canali fino al rifugio Valmasque situato al bordo del lago Vert. Qui ripello, il fondovalle non è adatto allo scorrimento di uno snowboard, scendiamo fin quasi alla piana di Casterino dove incomincia la salita sulla via militare che ci conduce alla bassa di Peirefique dove si incontrano i primi fortini, segno del confine che si avvicina. La strada sembra non finire mai, dietro un costone un’altra valle e poi altri fortini, i camosci numerosi ci osservano, i corvi ci accompagnano, il pomeriggio sta finendo e la meta già si vede. Passiamo vicino al forte de la Marguerie e a poche centinaia di metri la strada svalica, finalmente il colle di Tenda, neanche un muro di neve creato dal vento può fermare il nostro arrivo e l’abbraccio con Lurens consacra l’impresa. Ultima discesa, passiamo sotto il Forte Centrale fino allo spartiacque con il vallone di Limonetto, spelliamo e dieci minuti di curve su pista ci conducono a Quota 1400 dove la nostra avventura finisce.
I volti sono provati, ma soddisfatti, 11000 metri di dislivello in positivo, i chilometri non si contano neanche, ma si sentono. Anni di attesa, gite su gite per preparare sette intensi giorni che passano senza accorgertene, per provare a fare quello che nessuno aveva mai fatto e forse mai pensato. Per credere in quell’attrezzo che si chiama splitboard che avvicina il mondo dell’alpinismo allo snowboard.
In tutto questo c’è un solo vincitore, anzi una sola vincitrice, la montagna che ci ha permesso ancora una volta di godere della sua immensa bellezza.
Ringraziamenti:
Lorenzo Fiandino (Il socio di traversata)
Adriano Ferrero (quello che mi ha messo in testa l’idea della traversata)
Raid Surfer Club, Promosport Surfshop, Alessandro Grieco (Tutti quelli che mi hanno sostenuto materialmente e non, anche quelli non menzionati che in qualche modo sono stati presenti)
Splitboard adoperata:
Jones Solution Carbon 165, interfaccia Spark R&D, Attacchi Spark R&D After Burner, rampant Spark R&D Sabertooth, pelli Kohla.
Altra attrezzatura:
Zaino Mammut Spindrift Guide, Bastoncini Gipron 759 Airtrekk, Ramponi Grivel G10
Abbigliamento: Maglia Montura Skisky Tornado, gilet Crazy Idea Race Vest, guscio Montura Core Jacket, pantaloni Patagonia Untracked, abbigliamento intimo Xtech e S+ability, calze Cep, guanti Black Diamond Renegade e lightweight, scarponi Burton DriverX, occhiali Salice 010, maschera Oakley Splice.